giovedì 27 ottobre 2016




TRA RELIGIONE, ARTE E HORROR



Qui in Italia, tra cristiani più o meno praticanti o atei convinti, tutti abbiamo ricevuto una formazione e un'educazione cattolica. E tutti abbiamo convissuto da sempre con l'incombente presenza di chiese sovraccariche di ornamenti, ori, statue e dipinti; siamo abituati alle raffigurazioni di Dio, Madonna, santi, angeli e martiri. 
Ciò che per noi è assolutamente normale altrettanto non è per anglicani, protestanti, musulmani o altri; a cominciare dalla raffigurazione realistica onnipresente di Gesù torturato e crocifisso, per proseguire con truculente raffigurazioni di uomini martirizzati con frecce, graticole, decapitazioni, sbudellamenti, mutilazioni di ogni tipo, un susseguirsi di santi bolliti vivi o soffocati dal piombo fuso, lingue strappate, occhi e budella sparse, corpi fatti a pezzi, bruciati, straziati in ogni possibile variante, e rappresentazioni delle punizioni divine con fuoco eterno e diavoli armati di forconi; il tutto tra rituali scanditi da misteriose formule latine, paramenti vistosi e fumi di incenso. Per un non cattolico ce n'è quanto basta per restare colpiti, o addirittura terrificati.


Caravaggio: Particolare dell'Incredulità di san Tommaso
 
Caravaggio: crocifissione di san Pietro
Andrea Mantegna: san Sebastiano


 Scrive Umberto Eco nella sua Storia della bruttezza:
Raramente nell’arte medievale il martire è rappresentato imbruttito dai tormenti come si era osato fare col Cristo. Nel caso di Cristo si sottolineava l’immensità inimitabile del sacrificio compiuto, mentre nel caso dei martiri (per esortare a imitarli) si mostra la serenità serafica con cui essi sono andati incontro alla propria sorte. Ed ecco che una sequenza di decapitazioni, tormenti sulla graticola, asportazione dei seni, può dar luogo a composizioni aggraziate, quasi in forma di balletto. Il compiacimento per la crudeltà del tormento sarà caso mai reperibile più tardi […], nella pittura seicentesca. 








Caravaggio: Salomè con la testa di san Giovanni Battista

Giacinto Brandi
L'apice di questa costumanza lo troviamo forse nella chiesa romana di S. Stefano Rotondo al Celio, un vero e proprio compendio di torture d'ogni genere ad opera del Pomarancio.




Il concetto di martirio è familiare un po' a tutti, ma credo che solo i cattolici si siano compiaciuti di rappresentarlo figurativamente in modo così insistente ed esplicito. Ugualmente è familiare il concetto di ''punizione divina'', e anche a questo riguardo ai cattolici è piaciuto molto rappresentarlo.


Inferno, dipinto di Gregorio Are, Santuario della Madonna dei Martiri a Fonni, Sardegna
Ib. (particolare)
L'inferno per il Beato Angelico

 In particolare, il poeta Dante Alighieri ce l'ha raccontato con grande fantasia e ricchezza di particolari unica.
Questo spiega come mai tanti scrittori stranieri, registi e sceneggiatori abbiano pensato di utilizzare come sfondo o ispirazione per i loro thriller le chiese italiane (v. per esempio i romanzi di Dan Brown e i film tratti da questi) o si siano basati sull'inferno dantesco. Quest'ultimo, per noi italiani reso familiare e quasi ''banalizzato'' dagli studi scolastici, è invece visto dagli stranieri come una specie di racconto dell'orrore.


William-Adolphe Bouguereau: Due anime dannate si azzuffano a morsi nel girone dei falsari
Eugène Delacroix: La  barca di Dante nella palude Stigia, con iracondi e accidiosi
 
Questa e segg: Gustave Doré
Diversi film e romanzi l'hanno avuto come filo conduttore: ricordo un film in cui uno chef assassinava per vendetta alcuni suoi colleghi usando di volta in volta una delle pene inventate dalla fantasia di Dante.
Nel romanzo ''Inferno'' di Dan Brown, è l'autore stesso che ci spiega come la Divina Commedia abbia dato spunto a numerosi artisti:


''Nei sette secoli trascorsi dalla pubblicazione del poema, la visione dantesca dell’inferno aveva ispirato omaggio, traduzioni e variazioni da parte di alcune delle più grandi menti creative della storia. Longfellow, Chauce, Marx, Balzac,Borges e addirittura numerosi papi avevano scritto opere basate sull’Inferno. Monteverdi, Liszt, Wagner, Cajkovskij e Puccini avevano composto brani basati sul lavoro di Dante, così come una delle artiste viventi preferite da Langdon, Loreena McKennit. Perfino il moderno mondo dei videogame e delle app per iPad abbondava di offerte in qualche modo collegate al sommo poeta.''



Secondo il regista Ron Howard '' "La Divina commedia di Dante è davvero potente. Nel rileggerlo è stato per me come se ci stesse dando una sorta di guida a tutti i film horror che sarebbero venuti''.











E' facilmente intuibile la ragione per cui i lettori stranieri della Divina Commedia (che accedono alla versione in prosa tradotta in lingua moderna, quindi in forma più semplice e diretta di come la studiamo noi italiani) siano colpiti soprattutto dalla prima delle tre cantiche (Inferno), la più suggestiva e orrorifica (fa eccezione il romanzone best seller L'Ultimo Catone di Matilde Asensi che si basa invece sul Purgatorio).




E giacchè si è parlato di Inferno dantesco, vorrei ricordare un capolavoro della cinematografia italiana del 1911. Si parla ovviamente di cinema muto, il primo lungometraggio nazionale: L'Inferno, di Giuseppe de Liguoro, Francesco Bertolini e Adolfo Padovan: tre anni di lavorazione, 150 persone coinvolte, costi elevati, effetti speciali, un film visionario, avveniristico, con scenografie ispirate alle incisioni di Doré che vale la pena ancor oggi di vedere. Al momento lo trovate anche su You tube a questo link
https://youtu.be/oP-wgPyawsQ


FINE 

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